Sarri

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Dialogo con Crispolti

  • Crispolti: Considerando la tua pittura attuale, e avviandone una ricognizione direi anzitutto iconografica, si pone mi sembra come prima constatazione quella del rapporto uomo-macchina, che vi ha indubbiamente un ruolo molto importante.
  • Sarri: Non intendo ribaltare il discorso fatto da te e da altri sul rapporto uomo-macchina nella mia pittura. Del resto io stesso ho parlato di tale rapporto, come frizione e contrasto fra i due elementi. Ma, riflettendo meglio sul mio lavoro, mi sono accorto che in effetti quello che mi interessa maggiormente non è tanto il rapporto uomo-macchina in se stesso, quanto il rapporto uomo e mondo esterno, non inteso questo però come natura ecc., ma come istituzioni sociali ed idee, etiche esistenziali. La macchina è risultata in fin dei conti come l'elemento più immediatamente esemplificante di questa frizione, e anche i1 più rappresentativo in immagine. Mi sarebbe infatti altrimenti molto difficile rappresentare per immagine, usando il mezzo della pittura, sentimenti e angosce che suscita in me, non solo come operatore ma anche come uomo, il rapporto dell'uomo di oggi nei confronti di problemi quali l'espansione demografica, o cose del genere.
  • Crispolti: La macchina è dunque una specie di emblema, una specie di sipario, di orizzonte anzi.
  • Sarri: La macchina è l'elemento che in pittura mi dà la possibilità (e onestamente penso di riuscirvi) di sintetizzare questo complesso di rapporti, fra l'uomo e i vari aspetti della società, che sono naturalmente tutti piuttosto in crisi (e questo non sono certo io a scoprirlo.
  • Crispolti: Ma perché dipingi la macchina?
  • Sarri: La dipingo perché non voglio fare dell'arte tecnologica. Viviamo in un mondo tecnologico, e d'altra parte la nostra generazione ha ancora un bagaglio umanistico del quale è molto difficile liberarsi (come ha potuto fare la generazione successiva). Ora io mi pongo di fronte al paesaggio tecnologico con un preciso e polemico riferimento al paesaggio inteso come quadro, rappresentato cioè con la pittura. Non voglio infatti entrare in rapporto con il mondo tecnologico che ci circonda se non dall'esterno, proprio come l'uomo comune (anche se naturalmente in un certo senso potrei fare altrimenti). Nel miei quadri risulta un pessimismo evidente, malgrado il quale tuttavia, e anzi proprio perché lo rappresento, spero in una estrema possibilità dell'uomo dl non soccombere.
  • Crispolti: Questo tuo pessimismo come lo identifichi, come lo concepisci ideologicamente, è proprio anche come lo vedi figurato nei tuoi quadri?
  • Sarri: Il pessimismo può derivare anche da uno stato mio personale, fisico e mentale. Ma naturalmente è una battuta...
  • Crispolti: ... infatti è troppo oggettivato, per essere soltanto un motivo personale.
  • Sarri: Si è parlato di masochismo, se non di sadismo, per i miei quadri. Ma ciò va inteso in modo particolare, giacché appare soltanto oggi come oggi. I miei quadri infatti non rappresentano una realtà esistente, attuale, bensì una realtà di domani. Immagino cioè una condizione futura, che potrà effettivamente realizzarsi, e che dal punto di vista nostro oggi non può darmi che un senso di pessimismo. Il punto è questo: il pessimismo viene sentito dallo spettatore, o da me che opero, solo in questo preciso momento, oggi come oggi, cioè da noi che godiamo di particolari privilegi che ci fanno giudicare una situazione come quella che io rappresento nei miei quadri come un fatto negativo. Mentre si può superare questa prospettiva proiettandoci invece in una situazione altra, futura, nella quale la sopravvivenza dell'umanità sarà condizionata da certi fattori che noi oggi giudichiamo negativi, ma che al contrario, nel momento in cui si verificheranno, l'uomo stesso, che secondo i nostri occhi dovrà subire quelle situazioni, sarà invece talmente condizionato che non si renderà affatto conto di subire.
  • Crispolti: La sua condizione perderà allora il carattere negativo.
  • Sarri: La condizione negativa cioè non apparirà più tale, come appare invece a noi, che abbiamo in mano elementi del tutto diversi di giudizio. Per fare un esempio molto semplice: se l'uomo andrà a vivere sulla luna, sarà condizionato a vivere in una tale maniera che quelli che oggi, sulla terra, ci appaiono condizionamenti mostruosi, appariranno a lui invece una situazione del tutto normale e anzi di soddisfazione. Se sarà necessario per ragioni di sopravvivenza sua e dell'umanità che l'uomo viva sulla luna, egli vi vivrà e sarà contentissimo di vivervi in un modo e in condizioni che a noi oggi sembrano assurde, mentre per lui proprio fisicamente a livello di cellula si sarà verificata una tale acquisizione di tutto ciò che gli sarà inculcato, da essere soddisfatto di tale condizione.
  • Crispolti: Questa negatività è in realtà dunque una negatività provvisoria, in un certo senso.
  • Sarri: Certamente, giacché noi abbiamo ancora un bagaglio culturale che ci fa giudicare negative quelle nuove possibili situazioni che potranno invece essere benissimo normali e anzi necessarie per la sopravvivenza dell'uomo nel futuro.
  • Crispolti: Nei tuoi quadri c'è un'oggettività quasi allucinante, nell'estrema precisione. Al minimo vi è ridotto l'elemento emotivo, personale. In certo senso è oggettivo il contenuto e oggettiva è la forma.
  • Sarri: In realtà io non credo di essere mai veramente oggettivo nella rappresentazione, giacché non riuscirò mai con tutta la buona volontà a pormi di fronte ad una situazione con assoluto distacco (anche riferendomi a una certa scuola tedesca che mi stimola con dei rapporti di valori, e che ho tenuto sempre presente). Anche ponendomi di fronte ad una macchina ho infatti delle emozioni ben precise, anche forti, perché, per freddi che possano sembrare i miei lavori, mi accorgo che contengono una carica che chiamo romantica che non riesco ad eliminare, neppure negli ultimi lavori, nei quali pure credo di aver raggiunto un'obiettività massima rispetto a quelli di tre o quattro anni fa. E qui posso riprendere quanto accennavo prima, e cioè che non voglio fare dell'arte tecnologica, ma rappresentare un mondo tecnologico.
  • Crispolti: Rappresentarlo però come dato di fatto, non come esaltazione della macchina, di un'idea, di un futuro tecnologico.
  • Sarri: Proprio come una constatazione, una testimonianza, con tutte le mie passioni, i miei sentimenti, di testimone non completamente obiettivo, ma carico di tutto quel bagaglio che dicevo prima.
  • Crispolti: Qualche tempo fa mi hai detto che dipingi la macchina un po' come un pittore o1andese del Seicento dipingeva il paesaggio. E' la tua situazione, il tuo habitat.
  • Sarri: Quando parlo di paesaggio tecnologico, gioco sull'abuso del termine nel riferimento al paesaggio rappresentato attraverso il mezzo della pittura. Infatti quando il pittore olandese del Seicento o il pittore inglese precedente la rivoluzione industriale si poneva di fronte al paesaggio, a un bosco per esempio, vi vedeva non solo una massa uniforme, ma lo interpretava in un certo modo, secondo la sua personalità, vedeva per esempio le radici contorte, ecc., anche se rappresentava un bosco esistente in natura.
  • Cripolti: Tu ti senti in una condizione analoga.
  • Sarri: La pittura mi dà il mezzo di avvalorare l'interpretazione del senso dell'uomo comune. E' il mio mezzo più semplice, a portata di mano, che non mi costringe ad aderire a tecniche estranee. Dopo il periodo di apprendimento la pittura diventa una sorta di prolungamento dei tuoi sensi. A questo punto dipingo come penso. Ho tentato anch'io altri mezzi, cinema, o quadri non quadri, cioè componibili, ecc.; pur non credendo molto nello sperimentalismo come idea di vita. Ma mi sono accorto ad un certo punto che proprio la pittura era il mio mezzo più congeniale, e che non falsava il mio pensiero immediato nei confronti della realtà, e ho cercato di aderire meglio alla condizione dell'uomo medio nei confronti di questo famoso panorama tecnologico che ci circonda, che ci stimola, ci dà certe sensazioni. Credo quindi molto nel professionismo in pittura, e non credo molto, come ho detto, nello sperimentalismo. Infatti la famosa sintesi geniale non credo scaturisca altro che dà un professionismo ad alto livello; non certo da un tocco divino, o roba del genere. Nasce cioè dall'esperienza, da una situazione vissuta e rivissuta mille volte, e da tante cose.
  • Crispolti: Quindi tu pensi alla pittura non come ad una sorta di espediente comunicativo, ma a un vero e proprio mezzo con tutta la sua consapevolezza di una tradizione specifica come mezzo espressivo...
  • Sarri: ... Certo...
  • Crispolti: Quando si usa la pittura quasi come un cartellone, la si usa un po' come espediente di comunicazione, direi, in fondo praticamente perché il giornale o la fotoriproduzione è ancora troppo poco. Tu invece la pittura la usi non dico come un antico, ma certo con la consapevolezza quasi di un antico.
  • Sarri:.. Certo...
  • Crispolti: E allora direi che mentre la tua pittura figura la macchina, poi nell'atto di figurarla si distanzia il più possibile dalla macchina.
  • Sarri: Si. Oltretutto, parlando delle immagini, nei miei ultimi lavori ho eliminato la vera e propria macchina, come oggetto, che ferisce, che costringe, e ho cercato invece di rappresentare l 'idea della macchina in astratto. Qual'è infatti al giorno d'oggi la macchina per eccellenza, che ci è sempre presente che ci avvolge ma non si vede mai? è il computer, è la famosa stanza dei bottoni, questa è la macchina di oggi. Con l’oggetto macchinistico infatti viviamo insieme tutti i giorni. Oggi non c'è più il mito negativo o positivo dell'oggetto meccanico. Oggi ad esso siamo del tutto assuefatti. Invece non abbiamo ancora confidenza con la macchina che per noi esiste solo come schermo o quadro di comando, con il computer insomma. Questo è il mio pessimismo, giacché noi oggi siamo già assuefatti all'oggetto meccanico, che per noi infatti è la normalità, con il quale siamo perfettamente in simbiosi. Di quest'altra entità meccanica non abbiamo ancora preso confidenza. Ma quando vivremo fra schermi filtrati, ecc., questa nuova realtà la accetteremo così come oggi l'oggetto meccanico, macchinistico. Questa nuova realtà meccanica che è oggi presente intorno a noi, ma inesistente come oggetto meccanico.
  • Crispolti: Quindi il pessimismo tuo, è un pessimismo relativo.
  • Sarri: Considerare questa macchina fisicamente inesistente, cioè che non si vede eppure è presente. Inesistente insomma fisicamente intorno a noi. Questo è il punto. E questo potrebbe essere interessante anche per te, per portare avanti il tuo discorso del rapporto oggi dell'arte con la macchina.
  • Crispolti: C'è però nei tuoi quadri un'immagine umana. Cioè, perché allora non dipingi soltanto macchine, lasciando magari il ruolo dell'uomo allo spettatore? E, al contrario, figuri anche l'uomo?
  • Sarri: I1 mio pessimismo è appunto attuale, di adesso. L'uomo, che è ancora legato a certe basi di vita, per ora appare costretto in certe situazioni. Lo rappresento per dargli atto di una presenza che, anche se ridotta, non potrà tuttavia essere annullata, neppure quando sarà integrato nella nuova condizione.
  • Crispolti: Ora lo figuri integrato o no?
  • Sarri: No, sta ancora lottando, benché sia relativo il termine, giacché non è consapevole di questa situazione, se lottare o no.
  • Crispolti: Si potrebbe allora dire che la prospettiva tua non è pessimistica a lungo termine, nel senso che è un pessimismo appunto relativo. Quindi ideologicamente non è pessimistica. Diventa invece pessimistica a corto termine. E quella che tu rappresenti è in fondo questa condizione di corto termine.
  • Sarri: Rappresentandola dò una speranza, non di riscatto, ma almeno di una presa di coscienza oggi come oggi di questi problemi, per risolverli poi in una convivenza il più armoniosa possibile con la macchina. Oggi c'e però, e lo sento, questo stato di frizione.
  • Crispolti: Quindi tu non ritieni che la tua sia una pittura critica.
  • Sarri: Non lo vorrei, ma mi viene sempre attribuito. E lo vedo anch'io, giacché bene o male finisco anch'io per dare, magari inconsciamente, dei giudizi su certi valori. Ma non è deliberato, o ben chiaro, il giudizio, pessimista che sia o no.
  • Crispolti: insomma, secondo te, la civiltà meccanica è positiva o negativa, nella situazione attuale?
  • Sarri: Nella situazione attuale, detto tout court, è negativa, appunto per quel grado di condizione di incoscienza dell'uomo comune, al quale non è stata ancora inculcata una coscienza per non essere sopraffatto dalla macchina.
  • Crispolti: La tua pittura è per la tecnologia, o contro?
  • Sarri: Oggi come oggi l'impreparazione dell'uomo comune nel rapporto con la tecnologia è da porre in causa, attribuendone la responsabilità alla tecnologia nei confronti dell'uomo.
  • Crispolti: C'è un presupposto politico nella tua pittura di oggi?
  • Sarri: Certo. Nelle ultime pitture è accennato più indirettamente. In quelle precedenti era più esplicito. E' posto in accusa tutto il sistema occidentale capitalistico che a beneficio proprio ha trascurato un effettivo rapporto popolare, che sollecitasse una coscienza e un adeguamento alle forme sociali non tanto imminenti quanto quelle a divenire, giacché i processi di sviluppo sono talmente a tempo abbreviato che oggi si dovrebbe sapere esattamente e non press'a poco quello che si dovrà fare fra cinque o dieci anni. E di questo, particolarmente vivendo io in una città come Torino, centro e bubbone di un certo sistema, ne ho una riprova giornaliera.
  • Crispolti: La tua pittura ha un riferimento con una situazione diciamo locale? Non tanto locale come tradizione di pittura, ma in senso sociologico. Cioè la tua pittura non potrebbe certo essere romana, forse neanche milanese.
  • Sarri: Torino e macchina è un'analogia comune. E Torino è certo una città dove domina
  • la macchina sia come automobile o come macchinario o come tecnologia, ma dove in realtà risulta più lampante il contrasto fra macchina e condizioni dell'uomo oggi. Torino dovrebbe certo essere una città industriale, fatta per l'industria. Non sono un romantico, e non voglio una Torino antindustriale, ma una città dove l'uomo viva in condizioni adeguate a svolgere un certo lavoro tecnico e tecnologico, e non invece come ora viva giornalmente in una situazione assurda preumbertina o cose del genere, a livello di casamenti inadeguati, ecc., trovandosi poi a dover svolgere un lavoro tutto perfetto, dove tutto dovrebbe essere rivolto verso la vita stessa, realizzato in maniera altrettanto tecnica e perfetta. In una città come Torino questa contraddizione è lampante. Perciò odio e amo Torino, perche mi dà la possibilità di puntualizzare questi fatti. Non potrei assolutamente averne la medesima percezione a Roma o a Venezia, e neanche a Milano...
  • Crispolti: .. forse perché Milano è comunque più dialettica...
  • Sarri: ….certo… perché da sempre è volta a un interesse più globale come vita, al contrario di Torino.
  • Crispolti: I1 carattere di oggettività della tua pittura, tu lo hai contestato abbastanza. I tuoi quadri hanno tuttavia una loro evidente lucidità quasi allucinata. Questo senso di pulizia, di lucidità assoluta allucinata dei tuoi quadri da una parte è indubbiamente un carattere di oggettività, che pero tu dici non essere ancora il traguardo che preferiresti aver raggiunto, dall'altra è anche questa sorta di esibizione di professionalismo, cioè di una sorta di perfezione...
  • Sarri: ... che si abbina all'idea del mezzo della pittura come prolungamento dei miei sensi, e potrei dire che uno di questi è l'intelligenza; quindi chiarezza come lucidità al massimo, che voglio che sia anche uno strumento di difesa personale per me, per non lasciarmi andare troppo a questa sorta di espressionismo romantico...
  • Crispolti: ... e in questo senso la tua pittura è illuministica...
  • Sarri: ... certamente ... anche se non osavo dirlo ... e poi tecnicamente abbino la lucidità e la freddezza dell'immagine ad un argomento che evidentemente è altrettanto lucido e freddo. Cioè non potrei certo rappresentare questi pannelli e terminali elettronici se non in questo modo.
  • Crispolti: Cioè è lucida la tua pittura anche rispetto al suo soggetto, cioè a questo orizzonte meccanico.
  • Sarri: Direi, il più possibile. Però, ripeto, anche mettendomi di fronte ad un albero io lo interpreterei in ogni caso, non riuscirei a fare un albero oggettivo.
  • Crispolti: Un albero lo rappresenteresti meccanico, o naturalistico? E' una battuta, naturalmente.
  • Sarri: in realtà non mi interessa la pittura come rappresentazione di una cosa. Rappresento in pittura la macchina solo come valore emblematico. Avessi altri mezzi rappresenterei piuttosto la sensazione in generale dei rapporti fra l'uomo e la società, oggi. In ultima analisi il fatto che io sia pittore lo ritengo quasi un incidente. Giacché mi trovo questo mezzo di espressione in mano; ho verificato che è l'unico che so praticare. Però i miei interessi superano il fatto di voler fare della pittura. I pittori in genere operano per il gusto della rappresentazione pittorica, per fare un bel quadro, con bei colori, ecc. Le sensazioni dei pittori a me non interessano.
  • Crispolti: Sei dunque contro la cucina pittorica, contro quel tanto di mistificazione che è la pittura rispetto all'immagine. La tua lucidità è dunque una posizione polemica contro questa possibilità di trasformare le carte in tavola con la pittura.
  • Sarri: Esatto. La pittura darebbe questa possibilità, infatti...
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  • Crispolti: ... mentre tu intendi usare la pittura nel modo più netto e pulito possibile, come...
  • Sarri: ... esattamente come un alfabeto ... la pittura è il mio alfabeto...
  • Crispolti: ... come uno scrittore che usi un modo di scrivere in modo scientifico.
  • Sarri: Purtroppo in un certo senso mi trovo in mano un mezzo molto travisato da chi guarda, e che tende a travisare per tradizione. E la battuta di essere pittore per incidente riassume un po' esattamente quello che intendo io, il mio essere pittore.
  • Crispolti: I1 tema della crudeltà era particolarmente evidente nei tuoi quadri di qualche anno fa, dove c'erano lame, punte, cose che ferivano, colpivano, trattenevano...
  • Sarri: in realtà è un elemento ancora adesso presente, anche se accennato indirettamente ... quella era una posizione in certo senso più espressionista e quasi romantica: voler riassumere tutti i miei pensieri in un emblema quale la macchina di offesa, che offendeva sopratutto la dignità dell'uomo. E, avendo poca fiducia nelle mie capacità di sintesi fredda e insieme di comunicare questo stato d'animo, ricorrevo più esplicitamente a questo elemento di crudeltà...
  • Crispolti: Al nostro libro hai premesso una frase di Artaud...
  • Sarri: ... secondo la quale l'esistenza attraverso lo sforzo e crudeltà, proprio perché ogni cosa è da acquisire, ogni cosa non ci è data per farla nostra se non attraverso uno sforzo. E crudeltà intesa quindi in questo senso, e non nel gusto di essere crudele o verso me stesso o verso il mio prossimo. Crudeltà quindi della condizione umana.
  • Crispolti: Non sei perciò d'accordo con l'interpretazione di masochismo dell'uomo che ho dato io stesso... cioè l'uomo ha costruito una macchina che si rivolta contro di lui... ma egli è in fondo contento di questa condizione... l'accetta...
  • Sarri: in effetti si potrebbe parlare di masochismo se l'uomo si fosse costruito la macchina per farsi del male, il che non è, giacché se l'è costruita per farsi del bene... il masochismo è quindi piuttosto sadismo oggettivo della macchina... I1 male che l'uomo riceve dalla macchina, lo accetta senza più rendersene conto; quindi non è vero e proprio masochismo, lo sarebbe se l'uomo godesse di essere succubo della macchina, mentre non se ne rende conto. Ritorna un po' il discorso che si faceva dell'uomo sulla luna. I1 discorso sulla crudeltà è molto sottile... non scoperto e letterale.
  • Crispolti: Un altro punto vorrei chiarire: come nascono le tue immagini, come ne avviene il reperimento, come nasce insomma un tuo quadro?
  • Sarri: I1 mio reperimento di immagini, anche se mi documento osservando mostre di tecnologia che a Torino abbondano sempre, cerco di limitarlo però a reperimenti il più banali possibili, alla portata cioè di tutti, da riviste, libri, ecc. anche i più popolari. In questo momento entro nel paesaggio tecnologico da dipingere, che tutti abbiamo intorno, se non fisicamente, certo almeno in modo indiretto attraverso i vari media, giornali, cinema, televisione, ecc. Questa è la base alla quale mi rifaccio come inizio del mio lavoro. Subentra poi la vera e propria archiviazione di questi elementi, ho infatti un archivio enorme di questi ritagli, con i quali ogni tanto mi tappezzo lo studio, ritagli, oggetti. Trovandomi poi immerso fra queste pareti cosi tappezzate, ne ho delle emozioni; e questo mi spinge a rifare quelle immagini, reinterpretandole sulla tela, tenendo però sempre presente la condizione mia di uomo comune di fronte a questo panorama tecnologico. I1 quadro vero e proprio comincia abbinando questi elementi esistenti al di fuori di me in maniera apparentemente oggettiva ma in realtà interpretata, e l'immagine umana. E qui entra tutto il bagaglio tecnico della capacità di presa sullo spettatore, anche attraverso naturalmente il mezzo colore, ecc., o di composizione, con un senso di impatto o di armonia.
  • Crispolti: Nei tuoi quadri c'e una volontà di comunicazione, o no? Cioè fai dei quadri come una sorta di sfogo, di rappresentazione di una tua immagine del mondo, o vuoi comunicare qualche cosa?
  • Sarri: Sono tutte e due le cose insieme. In termini pratici ad un certo punto in periodi della mia vita, come nella vita di tutti, ci si accorge di alcune cose. Per me la pittura è un fatto terapeutico, dico pittura tra virgolette come volontà di esprimermi. Terapeutico per chi la fa. Altri prenderà pillole, o fa cure del sonno, non avendo in mente esattamente una "joie de vivre". A me la pittura serve di sfogo di tutto ciò che mi incepperebbe la vita di tutti i giorni. Ma è chiaro d'altra parte che non esiste l'artista chiuso dentro la torre d'avorio, che lavora soltanto per se stesso. Anche se è abbastanza retorico dirlo, l'artista vive per gli altri, ha bisogno degli altri, e cerca quindi di comunicare, proprio perché presuntuosamente crede di impersonare l'uomo in generale, intende comunicarlo agli altri che non hanno la possibilità di rendersi conto di certe cose e di esprimerle.
  • Crispolti: La tua oggettività, la tua lucidità è in relazione a questa volontà di comunicazione, o no?
  • Sarri: Si, cerco di essere il più semplice e comprensibile possibile...
  • Crispolti: Quindi la chiarezza, la lucidità, la pulizia delle tue immagini sono in funzione comunicativa.
  • Sarri: Certo, perché è chiaro che se fosse solo per me stesso, fatto terapeutico e mio di soddisfazione per tirare avanti, e scaricamento dei miei complessi, ecc., potrei ottenerlo anche buttando un barattolo di colore sulla tela... come del resto è stato fatto... ma non mi soddisferebbe affatto. Voglio partecipare invece il più possibile agli altri e con gli altri le mie idee, le sensazioni di tutti. La pittura mi dà questa possibilità di comunicazione come immediata estensione dei miei sensi. Se volessi partecipare con altri mezzi mi dovrei tecnologicizzare lo stesso, mentre voglio essere un naif nel riguardi della tecnologia...
  • Crispolti: ... il riscatto quindi della pittura come forma di mezzo comunicativo semplice e umano contro il meccanico...
  • Sarri: ... certo ... l'uomo comune non interpreta e non esprime, mentre io che ho questo mezzo a disposizione in più, che è la pittura, non vorrei però falsare la mia condizione di uomo comune...
  • Crispolti: ... quindi tu attraverso la pittura difendi la tua posizione di uomo comune, e nello stesso tempo pero entri in dialogo con l'uomo comune attraverso un'immagine comune, che è quella meccanica.